Tra i molti parametri che vengono presi in considerazione per valutare l’efficienza della corsa, vi è senza dubbio la cadenza. Definita in gergo tecnico col termine “frequenza”, la cadenza indica quanti passi vengono svolti in un determinato arco di tempo. I moderni orologi dedicati allo sport o al running in particolare, consentono di monitorare molto facilmente questo dato, espresso in PPM (“Passi Per Minuto”) o secondo l’accezione inglese (“Steps Per Minute”).
Aumentare il passo nella corsa riduce il rischio di patologie da sovrautilizzo come le tendiniti, le fasciti plantari oltre a fratture da stress alle ossa. Questo perché correre ad una cadenza più alta permette di mettere il piede più indietro, tenendolo sotto il centro di gravità e riducendo il rimbalzo verticale del corpo.
Se dessimo un’occhiata dentro ai muscoli, potremmo notare che a ciascuna velocità, una cadenza più alta determina un carico meno eccentrico e meno allungamento delle fibre muscolari. Il risultato finale è uno stress inferiore sui tendini e muscoli e una riduzione del costo energetico.
Tuttavia, per aumentare il tasso di falcata dobbiamo creare un adattamento a livello centrale (del cervello) e periferico (dei muscoli). Dobbiamo allenare il sistema nervoso centrale per generare input ad alta velocità per inviare ordini alle unità motorizzate che devono essere pronte a contrarsi e liberarsi più velocemente.
Come ogni stimolo all’allenamento, anche questo richiede tempo. I risultati saranno uno spostamento automatico della cadenza, ma 6-8 settimane sono il tempo previsto per ottenere risultati stabili.
Ma cosa significa “avere delle buone frequenze”?
Per chi fa corsa di resistenza è fondamentale trovare non solo l’andatura giusta, espressa in minuti per chilometro, ma anche il ritmo di corsa corretto. In questo senso, ogni corridore dovrebbe trovare quel giusto equilibrio tra numero di passi, appunto le frequenze (o cadenza), e la falcata, ovvero la lunghezza del passo.
Partiamo con l’affermare che entrambi gli aspetti sono importanti per giungere ad una tecnica di corsa corretta e, soprattutto, entrambi vanno allenati.
La falcata è espressione della potenza del corridore.
In un certo senso, potremmo dire che più la distanza di gara è corta e più il corridore dovrà lavorare per avere una falcata ampia. Viceversa, più la distanza di gara si allunga e più sarà importante lavorare sulle frequenze: avere una falcata più corta e un numero di frequenze più elevato.
Quanto detto finora, però, va assunto come semplice considerazione di massima. Se, infatti, andiamo ad analizzare la cavalcata olimpica dello sprinter azzurro Marcell Jacobs, potremo notare che la falcata è molto ampia (addirittura 2,27m!) ma, allo stesso tempo, possiamo renderci facilmente conto che anche le frequenze sono elevatissime. Il velocista delle Fiamme Oro, infatti, a Tokyo, per correre la finale dei 100 metri in 9”80 ha sviluppato 45 falcate e un piede, raggiungendo una velocità di punta di 43,3 km/h; praticamente uno scooter!
Confrontato con il 9”58 della finale del 16 agosto dei Campionati del Mondo di Berlino, dove Usain Bolt fece l’attuale record del mondo, constatiamo che in quell’occasione lo sprinter giamaicano, più alto di 10 cm rispetto a Jacobs, corse i 100 metri realizzando 41 passi, con la media di 2,44 metri ad ogni passo e raggiungendo una punta di velocità di 44,72km/h. impressionante!
La cadenza: perché è importante?
Tralasciando campioni olimpici e dei della velocità, per capire l’importanza della falcata e della cadenza, utilizzando una similitudine proveniente dal mondo del ciclismo, potremmo considerare la falcata come il rapporto che si sceglie quando si pedala, ovvero lo sviluppo metrico che realizza la determinata combinazione di corona anteriore e dente scelto sul pacco pignoni. La cadenza, invece, la si può tranquillamente paragonare alla cadenza di pedalata, ovvero al numero di pedalate prodotte in un minuto. Chiaramente, se il nostro scopo sarà quello di sviluppare velocità, non potremo pensare di utilizzare rapporti “agili”. Tornando alla corsa, se dovremo correre velocemente, per forza di cose, dovremo aprire il passo. Tuttavia, sia in bici che in corsa, sarà importante mantenere anche un’ottima cadenza.
La bici ci consente di spiegare con più facilità tutto questo: immaginate un ciclista alle prime armi che metta il massimo rapporto (guarnitura più grande e dente più piccolo sulla cassetta pignoni), ovviamente, vista la mancanza di allenamento difficilmente riuscirà a mantenere a lungo un elevato numero di pedalate. Un professionista, invece, anche con dei rapporti molto “lunghi” riuscirà a mantenere un’ottima cadenza, sviluppando velocità notevoli. È quello che regolarmente vediamo in una prova di ciclismo contro il tempo, ovvero in una “prova a cronometro”.
Cadenza e l’obiettivo di un corridore amatoriale
Nel running, raggiungere i 180 spm, ovvero tenere 180 passi ogni minuto, rappresenta senz’altro un ottimo traguardo. Chiaramente molto dipenderà dal tipo di corsa che stiamo svolgendo: se siamo in gara o in allenamento, se stiamo svolgendo un allenamento blando o molto intenso, continuo o intervallato e, se stiamo gareggiando, che tipo di competizione stiamo affrontando, un 1500 metri in pista, una 10km o una maratona.
In ogni caso, avere delle buone frequenze, e conseguentemente un passo più corto, è fondamentale per chi compete su distanze lunghe, come la maratona ma anche la mezza maratona e i 10km. Un passo eccessivamente lungo, infatti, concorre in maniera negativa al dispendio energetico. È fondamentale, quindi, trovare il giusto ritmo.
Va detto anche che per chi compie molti chilometri, questo processo, solitamente, avviene in maniera piuttosto naturale. Da questo punto di vista, i corridori da prendere come riferimento sono senza ombra di dubbio gli asiatici, i giapponesi in particolare, i quali si contraddistinguono da sempre con questo tipo di corsa: passo ridottissimo e frequenze esasperate.
Ma come allenare la falcata e la cadenza?
Sono molti gli esercizi che si possono svolgere.
Per quello che riguarda l’incremento della falcata sono utili tutti gli esercizi di tecnica di corsa come i balzi, la corsa balzata, i balzi in salita, assieme a uno sviluppo della forza degli arti inferiori, in particolare dei glutei, del quadricipite e degli ischiocrurali.
Per quello che riguarda l’aumento della cadenza, invece, è utilissima la corsa in salita, che per forza di cose ci costringe ad accorciare il passo e ad aumentare le frequenze, ma anche allunghi tecnici con birilli, mettendo i coni a distanza ravvicinata, tutti gli skip, la corsa in acqua (senza toccare e svolta al massimo della velocità) e, in ogni caso, tutto ciò che contribuisca a sviluppare l’agilità. In questo senso sono utili anche delle prove di ripetute veloci con un cambio di ritmo al loro interno.
Naturalmente l’esecuzione di esercitazioni specifiche sul tapis roulant può essere molto utile perché permette di mantenere lo stesso ritmo concentrandosi solo sulla cadenza. Accade, infatti, che correre all’aperto a passo costante mentre si modifica la cadenza è piuttosto difficile e c’è una naturale tendenza ad aumentare la velocità quando si aumenta la cadenza.
Ad esempio, un mezzofondista di livello nazionale potrebbe svolgere una seduta da 10×300 metri con recupero di 1’30” in 48”, correndo però con questi tempi parziali: 17”-14”-17”. Chiaramente, nel secondo 100 metri il corridore per realizzare il cambio di ritmo e incrementare l’andatura sarà costretto ad aumentare sensibilmente la propria cadenza.
Questi sono solo alcuni degli esercizi che si possono eseguire. Prima ancora, però, è fondamentale iniziare a familiarizzare con questo parametro e, soprattutto, iniziare a monitorarlo: è sufficiente un orologio per la corsa.
Autore: Redazione Tuttorunning
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